venerdì 30 novembre 2012

Obesità: la BBC ne documenta i meccanismi economici, politici e scientifici!

Il documentario BBC "The Men Who Made Us Fat" (luglio 2012)

In questo documentario, dal promettente titolo "Le persone che ci hanno fatto ingrassare" il giornalista Jacques Peretti viaggia tra Londra e varie città statunitensi per intervistare coloro che possono testimoniare il continuo lavoro svolto dietro porte chiuse per massimizzare i profitti delle multinazionali produttrici di cibo (complessivamente indicate come "BigFood"), a discapito della salute pubblica e con l'accordo della classe politica.
Nel suo viaggio, Jacques Peretti intervista anche gli autori di studi scientifici che dimostrano in che modo avvenga il condizionamento dei consumi a discapito del consumatore, a prescindere dal fatto che le BigFood siano o meno consapevoli del funzionamento dei vari meccanismi: ciò che conta è che siano riuscite ad approfittarne.
Io mi soffermerò più su questi studi scientifici, che su questioni politiche che lascio al filmato originale (qui linkato rispetto a YouTube). Essendo già abbastanza lungo questo post, discuto approfonditamente le conclusioni di questo documentario in un altro post.


The Men Who Made Us Fat ep. 1 di 3


In giro per il mondo, i livelli di obesità sono in crescita. Ci sono adesso più persone sovrappeso che denutrite. Due terzi degli adulti britannici sono sovrappeso, e uno su quattro è classificato come obeso. Nella prima parte di questa serie da tre, Jacques Peretti rintraccia coloro che sono responsabili di aver rivoluzionato il nostro modo di mangiare, per scoprire come decisioni prese in America 40 anni fa influenzano il modo in cui noi mangiamo adesso.

Jacques Peretti si sottopone alla risonanza magnetica dell'intero corpo, mediante la quale il Prof. Jimmy Bell valuta in 4-5 litri il grasso "nascosto" all'interno del corpo, invisibile all'esterno; un individuo normale, in buono stato di salute, dovrebbe avere non più di 2 litri di questo grasso "mal posizionato" all'interno del corpo; Peretti rappresenta perciò proprio il nuovo fenotipo "TOFI" (Thin Outside, Fat Inside - Magro fuori, grasso dentro) individuato sperimentalmente dal prof. Bell con una vasta ricerca. Questo fenotipo predispone maggiormente alle complicanze dell'obesità rispetto a chi ha, invece, il grasso depositato prevalentemente all'esterno (subcutaneo). Infine il Prof. Bell considera che la nostra predisposizione genetica non è cambiata molto da quando eravamo cavernicoli, cacciatori/raccoglitori con scarsa disponibilità di alimenti grassi e/o zuccherini che ci sono rimasti, quindi, favoriti a livello innato. Il problema è che adesso tali alimenti ad alta densità energetica sono disponibili continuamente, ovunque, e la pubblicità ci bombarda affinché ne consumiamo sempre di più: è il loro lavoro, i produttori di cibo vogliono solo fare soldi! Semplicemente, alcuni di noi non sono in grado di trattenersi, e stiamo perciò perdendo la guerra contro l'obesità.

Peretti si reca poi in America per studiare la storia dello sciroppo di mais alto in fruttosio (High-fructose corn syrup, o HFCS). Questo dolcificante è stato propugnato negli anni 70 negli USA dal ministro per l'agricoltura di Richard Nixon, Earl Butz, per sfruttare l'eccesso di mais prodotto dai contadini. Meno costoso e più dolce rispetto allo zucchero, venne presto introdotto in quasi tutti i cibi industriali e le bevande gassate.

Peretti intervista la nutrizionista Marion Nestle, che ha analizzato l'impatto che le politiche di Butz hanno avuto sulla progressione dell'obesità nella popolazione americana, grazie alla disponibilità media di un maggior numero di calorie a persona: da circa 3200 nei primi anni 80, a circa 3900 oggi, cioè circa il doppio del fabbisogno medio!

L'endocrinologo dr. Robert Lustig è stato uno dei primi a riconoscere i pericoli dell'HFCS: pur essendo lo sciroppo di mais 20% più dolce dello zucchero, i produttori di bibite gassate ne hanno usato di più anziché di meno, per andare incontro al nostro gusto per il dolce! HFCS però interferisce con la leptina, l'ormone che controlla l'appetito, in modo tale che una volta che si inizia a mangiarne o a berne, non si sa quando fermarsi; le sue prime scoperte furono discreditate dalla politica in combutta con i produttori di cibo, che negano costantemente che ci siano evidenze che collegano un qualunque alimento o ingrediente all'obesità.

Anche lo scienziato dr. Jean-Marc Schwarz riferisce che tra i diversi zuccheri è il fruttosio quello che viene più facilmente convertito in grasso nel nostro fegato, come ha evidenziato nei suoi test clinici. Non è però strettamente definibile come "tossico", perché è solo il carico totale giornaliero di fruttosio che può comportare problemi.

Nel frattempo, sempre negli anni 70, in Gran Bretagna l'industria alimentare promuoveva, mediante campagne pubblicitarie, l'idea di mangiare anche tra i pasti principali: erano nati gli snack. Fuori casa, le catene di fast-food offrivano, in locali igienici e luminosi, appetitosi hamburger cotti e serviti con zelo ed efficienza del tutto non-britannici. Venti anni dopo l'arrivo di McDonalds, il numero di punti vendita fast-food in Gran Bretagna è quadruplicato.
Il prof. Philip James nota come l'abitudine agli snack abbia portato ad un enorme aumento delle calorie medie consumate dalle persone e, di conseguenza, sia tra i fattori determinanti dell'attuale epidemia di obesità. Egli nota pure che l'industria del cibo ne è felice, perché gli snack costituiscono ormai una gran parte dei loro guadagni. Il professore riferisce poi che si poteva notare un aumento dell'obesità già nei primi anni 80, con l'avvento delle catene di fast-food in UK, ma non c'erano dati sufficienti per intervenire; adesso però i dati ci sarebbero!

L'endocrinologo dr. Robert Lustig parla ora di Ancel Keys, diventato abbastanza famoso negli USA per l'invenzione della "razione K", grazie alla quale i soldati della II guerra mondiale potevano portare 12000 calorie in poco spazio. Nel 1952 Ancel Keys si recò in Inghilterra per studiare l'epidemia di malattie cardiache, e si fece l'idea che il consumo di grassi ne fosse il solo responsabile, passando poi i successivi 50 anni tentando di dimostrare questa ipotesi.

Il dr. Richard Bruckdorfer ci racconta poi che una sola voce si opponeva fieramente all'ipotesi di Ancel Keys in quegli anni: John Yudkin pubblicò nel 1972 in UK il libro "Pure, White And Deadly" (Puro, bianco e mortale), in cui sosteneva che era lo zucchero, e non i grassi, ad essere molto pericoloso per la salute. Lo zucchero era, dopotutto, arrivato nella nostra alimentazione solo 8 generazioni prima, ed era quindi il maggior cambiamento avvenuto nell'alimentazione umana negli ultimi 200 anni. Yudkin sosteneva pertanto che non era giusto definire "ingorde" le persone per il semplice fatto che consumavano troppi dolciumi; questo avrebbe determinato un senso di colpa in loro, rendendo più difficili gli sforzi verso una dieta più bilanciata.
Anche l'endocrinologo dr. Robert Lustig giudica Yudkin come un profeta, e il suo discredito come un grave danno non solo a lui come persona, ma a tutti noi come società.
Le associazioni di categoria per lo zucchero di UK e USA, nonché l'industria alimentare al completo, combatterono fieramente contro l'ipotesi di Yudkin, cavalcando l'opposta ipotesi di Ancel Keys.

Il neuroscienziato dr. Tony Goldstone esegue test su volontari per evidenziare quali aree del cervello vengono stimolate da alimenti di vario genere, scoprendo che gli alimenti più ricchi in grassi e zuccheri stimolano le aree della corteccia frontale, associate con la gratificazione. Questa è, praticamente, la decodifica dell'obesità: le persone cercano continuamente di essere gratificate, e il cibo a più alta densità energetica può farlo, al costo di molte calorie però!

Il dr. David Kessler fu commissario della FDA (Food & Drugs Administration USA) tra il 1990 ed il 1997, ed è molto critico nei confronti dell'industria alimentare, che vorrebbe vedere regolata tramite normative stringenti. Se l''industria alimentare nega di sfruttare le neuroscienze, il Dr. Kessler è invece sicuro che molti alimenti siano progettati per risultare "edonici", cioè altamente gratificanti. E il problema è che i recettori per gli alimenti più gratificanti sono collegati alle stesse aree del cervello che regolano la dipendenza. L'industria alimentare può anche non conoscere le neuroscienze, ma sa bene cosa funziona, dato che i clienti ritornano ad ordinare le stesse cose. E così per il Dr. Kessler non è giusto parlare di responsabilità individuale e bisognerebbe invece parlare di responsabilità aziendale, perché molte persone semplicemente non sono in grado di controllare il loro appetito, e le industrie ne approfittano.

Peretti intervista poi Nick Mottern, che fu uno degli autori delle linee guida per l'alimentazione USA del 1977, volute dal ministro della salute George McGovern per raccomandare moderate riduzioni nel consumo di grassi, sale e zucchero; appena pubblicato, il report generò forti reazioni da parte dei produttori di zucchero. Essi negarono le evidenze scientifiche portate da McGovern nel report, esattamente come l'industria del tabacco reagì qualche anno prima ad un analogo report. E così nella successiva copertura mediatica del report lo zucchero non fu per niente menzionato, e si raccomandò al pubblico la sola riduzione nel consumo di grassi, proprio come Ancel Keys aveva detto 25 anni prima.

Gary Taubes, autore scientifico, racconta un aneddoto relativo alla riunione finale di approvazione del report McGovern, alla fine della quale un analista gli fece notare che scrivere "Low Fat" (Meno grassi) non avrebbe spinto la gente a mangiare più broccoli e cavoli, ma invece avrebbe spinto l'industria a creare tutto un nuovo settore di mercato di "Junk foods" (cibi spazzatura) etichettati però come "Low Fat" e quindi salutari per il cuore grazie al loro ridotto contenuto di grassi.
E così l'industria alimentare trasformò un possibile attacco, in un'opportunità di business, preparandosi a creare nuovi alimenti "Low Fat"!
Già nei primi anni 80 erano sul mercato queste nuove gamme di prodotti 'low fat' e 'heart healthy' ("magro" e "salutare per il cuore") in cui una parte dei grassi veniva eliminata, con un solo problema: il gusto! E la soluzione all'epoca fu, semplicemente, sostituire i grassi con ancora più zucchero!! L'effetto finale del report McGovern è stato, dunque, un vero disastro!

The Men Who Made Us Fat ep. 2 di 3


Jacques Peretti investiga su come il concetto di 'supersize' ha cambiato le abitudini alimentari della gente, e per sempre. Come mai i britannici, una volta mangiatori moderati, hanno iniziato a volerne ancora?
E così Peretti si reca a Chicago, a visitare il cinema in cui David Wallerstein introdusse per la prima volta le super-porzioni di pop-corn: fu subito un successo!

Il consulente per l'industria alimentare Darren Tristano spiega perché il "supersize" funziona: intanto, agli americani non piace l'idea di alzarsi per andare a comprare un'altra porzione di cibo; e poi, il costo della porzione di pop-corn sta quasi tutto nella confezione, essendo il mais molto poco costoso, dunque la porzione più grande sembra al consumatore conveniente, ma lo è ancora di più per l'industria! Lo stesso vale per le bibite gassate, dato che anche lì lo sciroppo di mais e l'acqua sono ingredienti molto poco costosi.

Peretti parla poi con Mike Donahue, ex vice presidente di McDonalds USA dal 1987 al 2007, che racconta del momento in cui McDonald's assunse Wallerstein, e di come la sua idea del supersize incontrasse la fiera opposizione del presidente e "fondatore" di McDonald's Ray Kroc, che semplicemente non credeva che le persone desiderassero o avessero bisogno di più cibo. Così l'idea di Wallerstein fu provata in un solo punto vendita, a Chicago, con Wallerstein che si sedette in un angolo per osservare i clienti. Il comportamento delle persone, che "scolavano" il pacchetto di patatine come fosse un bicchiere, per ottenerne l'ultima briciola di patata o l'ultimo granello di sale, indicava che essi ne avrebbero voluto di più, ma non si alzavano per andare a chiedere un'altra porzione, per non sentirsi in colpa o ingordi! Nel 1972 McDonald's introdusse, dunque, una nuova porzione maggiorata di patatine: il mondo non sarebbe stato mai più lo stesso! Kroc capì così che vendendo una porzione doppia, poteva chiedere un prezzo inferiore al doppio della porzione singola, dato che il cibo costava ancora meno, fornendo così una parvenza di "affare" al cliente, ed incrementando allo stesso tempo i profitti in modo enorme!

Per approfondire la problematica della sovra-alimentazione, Peretti intervista il prof. Anthony Sclafani , che racconta che per una ricerca, aveva bisogno di far ingrassare velocemente i ratti da laboratorio, e quindi cercava alimenti che i ratti potessero sovra-consumare; dopo aver provato tutti gli alimenti "normali" per i ratti, ebbe l'idea di mandare i suoi studenti al supermarket, per comprare i cibi più di successo presso gli umani: snack, cioccolata, caramelle, latte. I ratti iniziarono a sovralimentarsi subito, e dal giorno dopo iniziarono a prendere peso. Questo accade perché i ratti hanno i nostri medesimi fattori di pressione biologici: il cibo grasso e/o zuccherino, cioè ad elevata densità energetica, in natura è raramente disponibile e così, nelle rare occasioni in cui lo incontrano, essi sono portati ad abusarne. Il problema è che nella nostra società gli alimenti ad alta densità energetica sono continuamente disponibili ovunque!

E' poi il turno di Peter Smale, direttore del marketing per Wimpy (una catena di fast food UK) dal 1976 al 1983, ripreso anche in un filmato d'epoca del 1980 in cui spiegava come hamburger e patatine fossero il cibo del futuro. Riferisce di come riuscì a mantenere i prezzi stabili, anno dopo anno, grazie ad economie di scala che riducevano i costi, facendo così diventare il fast food sempre più conveniente per le famiglie UK. Un altro importante avanzamento, che aumentò notevolmente i profitti, ebbe a che fare con la velocità di servizio: era il servizio alla cassa, capace di moltiplicare da 5 a 6 volte l'incasso di ogni punto vendita! Sul supersize, Smale mostra cartelli pubblicitari dell'epoca, con i quali i fornitori delle confezioni per il cibo e le bevande dei fast food pubblicizzavano le porzioni più grandi, che davano una percezione di valore ai clienti ma aumentarono anche i profitti, sia per i fast food che per loro stessi! Smale spiega infine un aspetto socio-psicologico interessante: il personale dei fast food non si trovava a proprio agio nello spingere i clienti a comprare e mangiare di più; e così la disponibilità di porzioni più grandi li rese tranquilli dato che, semplicemente, era il cliente a scegliere! Del resto, negli anni 70-80 non c'era (ancora) nessun problema di obesità.

La scienziata dr. Susan Jebb riferisce sul cambiamento dei costumi sociali, visto che negli anni 70 era ancora socialmente inaccettabile mangiare per strada, e invece adesso è una cosa del tutto normale consumare un pasto completo sul treno. E questo ha influito notevolmente sull'aumento dei consumi.

Nei primi anni 80 gli incassi dei fast food erano in crescita in UK, ma erano ormai stagnanti negli USA. La compagnia Taco Bell trovò la soluzione con l'introduzione del "Value Meal": la vendita di più articoli per un pasto "completo", tutti insieme ed ad un prezzo scontato, mostrava valore per il cliente ma incrementava drasticamente sia la quantità di calorie consumate che i profitti per i fast food!
Hank Cardello, direttore marketing di Coca-cola USA dal 1982 al 1984, spiega che intanto il Value Meal accelerò ulteriormente il servizio, dato che i clienti non erano più disorientati dalle troppe scelte e combinazioni disponibili. Inoltre, il Value Meal era un vantaggio economico sia per l'azienda, che per il cliente, dato che ad esempio, a fronte di un costo aggiuntivo di $0,25 per l'azienda, il cliente pagava "solo" $0,50 anziché $1,00; adesso però il cliente si trovava con i tre articoli già pagati di fronte a sé, ed era quindi motivato a mangiarli tutti, anche se magari non li avrebbe acquistati separatamente!

Sempre a proposito di bibite zuccherate, la nutrizionista dr. Lisa Young mostra la progressione di oltre 8 volte nelle dimensioni dei bicchieri delle bibite gasaste dagli anni 50 ad oggi, con un conseguente e proporzionale aumento nella dose di zucchero assunto, arrivando al "Double Gulp" venduto oggi nei fast food: quasi 2 litri di bevanda, per quasi 200g di zucchero e 800kcal!

Fino agli anni 90, se si fosse accusata l'industria alimentare di favorire la crescita dell'obesità grazie alla vendita dei vari "Supersize" e "Value Meal", si sarebbe tipicamente ottenuta in risposta l'idea della compensazione tra i pasti: ad esempio, chi mangia di più a pranzo mangerà poi di meno a cena.
Questo finché la professoressa Barbara Rolls non realizzò uno studio che smentiva in pieno tale ipotesi. I risultati mostrarono che è vero l'esatto contrario: almeno su un periodo di 3 giorni, le persone mangiavano tranquillamente porzioni maggiorate del 50%, spesso senza neanche accorgersene! In uno studio più recente, poi, la professoressa ha portato il periodo di sovra-consumo fino a 11 giorni, facendo sì che le persone mangiassero in tutto quasi 5000 kcal in più del normale! E la cosa più preoccupante è che le persone tendono a sovra-consumare proprio i cibi più densi di energia, a parità di volume!

Peretti intervista ora il prof. Philip James, che racconta che il ministro della salute UK, Tessa Jowell, gli chiese nel 1996 di preparare un rapporto sull'obesità infantile. Egli vide le statistiche, che parlavano di oltre 1 milione di sterline spese dai bambini in snack e bibite gassate nel percorso da e per la scuola, e fu poi disgustato nello scoprire cosa esattamente i bambini mangiavano! Fu così che mise nel rapporto una serie di raccomandazioni per il governo, a cominciare dalla normativa per ridurre la pubblicità di cibo diretta sui bambini. Il ministro Jowell ringraziò il prof. James per il documento prodotto, ma gli disse che era un po' "estremo", e concluse comunicandogli che la Food & Drink Federation UK era ansiosa di parlargli. E così, il giorno dopo, il prof. James venne invitato a cena dai rappresentanti della FDF, e fu aggredito per 4 ore sul perché avesse mai pensato di limitare la pubblicità di cibo e bibite sui bambini! Dunque il rapporto non fu mai pubblicato, e il ministro disse che non c'era niente di strano: dopotutto, non tutti i rapporti governativi vengono pubblicati!

Nel 2003, poi, il direttore sanitario governativo UK avvisò che l'obesità rappresentava ormai una 'bomba a tempo'. Si trattava di un grave allarme, e la politica reagì di conseguenza, o quasi. Peretti intervista David Hinchliffe, ex Parlamentare dei Labour, che presiedette il Comitato Parlamentare sulla salute del 2003. Hinchliffe riferisce che non immaginava, all'epoca, quanto potesse essere forte la lobby dell'industria alimentare: alla fine, il suo comitato non emanò alcun regolamento, ma si limitò a raccomandare all'industria di smetterla con i Supersize. Ed ottenne risposte evasive, del tipo: "E' responsabilità dei genitori scegliere cosa mangiano i figli", oppure "Abbiamo sempre promosso uno stile di vita sano ed attivo", intendendo con ciò che ora secondo loro l'obesità era causata dall'insufficiente esercizio fisico.

Ma l'endocrinologo prof. Terry Wilkin dimostrò proprio nel 2003 che non era riscontrabile nessun declino nell'attività fisica dei bambini nel corso degli anni, e dunque che non è l'inattività fisica a causare l'obesità infantile; invece è vero il contrario: i bambini più grassi si muovono di meno! Anche il prof. Wilkin è preoccupato dall'incremento delle porzioni vendute, ma ci riferisce che i suoi risultati furono però del tutto ignorati dalla politica, e addirittura nel 2005 il suo studio "Early Bird" perse i finanziamenti!

Proseguendo nella ricostruzione storica, Peretti torna ad intervistare la dr. Susan Jebb, che riporta di aver incontrato nel 2005 i maggiori rappresentanti della FDF, e di aver ottenuto un impegno scritto per il ritiro dei maxi-snack; poco dopo le super barrette di cioccolato vennero ritirate dal mercato, ma furono sostituite da confezioni "doppie", come se dovessero essere condivise o conservate per il giorno dopo. E così nacquero anche le confezione richiudibili: le porzioni erano sempre enormi, ma l'industria sosteneva che si trattava solo di una risposta alla richiesta di prodotti condivisibili da parte dei consumatori!

La dr. Barbara Rolls, a questo punto, riporta ulteriori dati tratti dai suoi studi, questa volta a proposito degli snack: intanto, le porzioni preconfezionate danno al consumatore l'idea della "giusta" quantità: semplicemente, le persone mangiano fino al termine della confezione, senza alcuna condivisione! Lo stesso vale per le porzioni servite nei ristoranti. E poi, come già visto prima, a cena le persone tendono a mangiare le medesime quantità di cibo, a prescindere da quanti snack hanno mangiato nel pomeriggio, cioè non c'è nessuna compensazione, neanche con gli snack!

Jacques Peretti rivolge ora la propria attenzione sui supermercati, mostrando come, entrando in uno qualsiasi, si ha l'impressione di fare dei buoni affari approfittando delle promozioni multiple che, però, casualmente (o no?) riguardano solo e proprio quei cibi ad alta densità energetica: cioccolata, snack, bibite gassate!
Giles Quick, consulente marketing per i supermarket, ci spiega come funzionano queste promozioni multiple ("multy-buy"). I supermarket si erano già accorti che, se messi in promozione, tutti gli snacks e le bibite vendono di più; questi prodotti sono perciò detti "espandibili". Alcuni prodotti sono più espandibili di altri, ad esempio la carne fresca non lo è (se compri più pollo, comprerai meno manzo e vitello), ma altri prodotti, non associati con particolari pasti e/o regole di consumo, possono essere consumati ovunque ed in qualunque momento: sono proprio gli snack! E i supermarket, quindi, sanno che se ne hai di più in casa, tendi a consumarli più velocemente! L'impatto sulle vendite è enorme: dal doppio fino a sei volte  durante tutto il periodo di promozione, che può durare anche qualche settimana! Solo l'anno scorso (2001), le vendite in promozione di snacks in UK è cresciuta del 138%, e stiamo parlando sempre di alimenti ad alta densità energetica: una montagna di calorie consumate in più!

A questo punto, l'esperto mondiale di nutrizione ed appetito prof. Kelly Brownell ci spiega che, se è giusto che ogni business voglia massimizzare i profitti rendendo i propri prodotti sempre più desiderabili da parte dei consumatori, ad un certo punto deve assumersi delle responsabilità, perché ormai sappiamo da molti anni che il cibo ricco di grassi e/o sale e/o zucchero causa molti problemi di salute! Chi manipola intenzionalmente questi parametri solo per massimizzare i propri profitti deve ad un certo punto fermarsi o essere fermato! Dal 2009 il professore è a capo di un comitato che chiede l'introduzione di una tassa sulla vendita di bevande zuccherate, ma le ditte produttrici stanno cercando di influenzare il parlamento in modo che la tassa non passi; il professore crede, comunque, che una tale tassa passerà entro 1-2 anni: come è stato a suo tempo per il tabacco, le aziende si stanno in realtà già preparando, ma vogliono continuare il più possibile a fare affari nel frattempo.
(A livello di responsabilità sociale, poi, il prof. Brownell ha anche pubblicato di recente una sconvolgente ricerca che mostra come le critiche sul peso corporeo eccessivo rivolte a donne sovrappeso hanno, in media, l'effetto di spingerle verso il sovra-consumo di cibo ad alta densità energetica, cioè verso il peggioramento del loro stato di salute! E questo è proprio ciò che accade, sistematicamente, in sempre più numerosi spettacoli televisivi!, NdAMC).

The Men Who Made Us Fat ep. 3 di 3


Jacques Peretti esamina le affermazioni relative a ciò che è salutare o meno. Si comincia tornando a Giles Quick, il consulente di marketing per i supermercati, che ci spiega come circa il 24% delle vendite sia ormai dovuto ai prodotti "salutari", e il dato è cresciuto del 20% negli ultimi 6 anni; ma anche questi consumatori "più attenti" stanno, in realtà, ingrassando come tutto il resto della popolazione UK! Ci mostra quindi come il marketing di prodotto possa sedurre i consumatori spingendoli a comprare cibo ritenuto "salutare" come muesli e succhi di frutta, che però possono essere molto ricchi di grassi e zuccheri, in realtà. La conclusione è che c'è molta confusione, a livello del consumatore, tra ciò che sembra salutare, e ciò che lo è davvero!

Per farci capire quanto l'industria alimentare possa essere forte oggi, e per vedere da dove è partita l'ondata del cibo "salutare", Peretti ci mostra un filmato d'epoca di Edwina Currie, ministro della salute UK nel 1998, che di fronte alla crisi nelle vendite di uova dovute alla Salmonella, dichiarò pubblicamente che, purtroppo, molte delle uova prodotte nel paese erano in effetti infette. Pochi mesi dopo fu costretta a dimettersi, sotto le pressioni del settore agricolo.

Sue Dip, co-direttrice della commissione per l'alimentazione nel 1998  scrisse un articolo sulla rivista ufficiale della commissione criticando Sunny Delight, una bevanda venduta come salutare grazie ad una grande campagna di marketing che Procter&Gamble aveva lanciato quello stesso anno: era venduto negli scaffali refrigerati come fosse un succo fresco ma in realtà non lo era, conteneva solo il 5% di succo di frutta, e tanto zucchero quanto la Coca-Cola; anche le vitamine aggiunte (A, B1, B6, C) non ne potevano certo migliorare significativamente il profilo nutrizionale! Eppure le sue vendite salirono fino a sfiorare Coca-Cola e Pepsi, ma 8 mesi dopo la pubblicazione di questo articolo, i giornali titolarono a grandi lettere che una bimba di 4 anni era diventata arancione per effetto dei coloranti (beta-caroteni di sintesi) contenuti nel prodotto! Questo fatto ne fece finalmente crollare le vendite; l'azienda rispose quindi con Sunny D, una nuova versione con più succo, meno zucchero e niente additivi artificiali, ma le vendite non furono mai più così alte. E così solo il mercato, senza nessuna normativa ma dopo un "incidente", ha potuto impedire all'azienda di smerciare un prodotto dannoso come fosse salutare!

Peretti parla poi con Simon Wright, "consulente biologico" per Sainsbury's negli anni 90, che ci spiega che, dato che al tempo la BSE (Mucca pazza) aveva abbassato le vendite di carne, la Salmonella quelle di uova, e le preoccupazioni per gli OGM minacciavano pure le vendite di frutta e verdura, i supermercati risposero iniziando a vendere gli alimenti biologici, prima confinati a piccoli negozi salutistici. Le grosse catene di supermercati andarono così dai piccoli fornitori di alimenti biologici per chiedere di essere riforniti, una cosa mai vista prima nel mercato alimentare! Il consulente conclude che è solo una percezione dei consumatori, quella secondo cui basta consumare cibo biologico per essere al riparo da ogni malattia, e fa qualche esempio di alimenti che pur se biologici (cioccolata, gelato, patatine fritte) fanno ingrassare, ma rigetta l'attribuzione di responsabilità morale a carico dei supermercati per l'attuale epidemia di obesità. Comunque, già nel 1999 il settore del biologico in UK valeva oltre 605 milioni di sterline, con un'aumento del 232% in soli 2 anni.

Il giornalista ci mostra ora un rapporto governativo del 2001 che spingeva ad "Affrontare l'obesità in UK", mostrando i dati di una crescita continua ed inarrestabile dell'epidemia; le risposte politiche mancarono.
Nel 2003, la svolta: il rapporto WHO "Diet, Nutrition and the Prevention of Chronic Diseases" puntò il dito per la prima volta contro il consumo di bevande zuccherate e la pubblicità verso i minori degli alimenti ad alta densità calorica, come fattori importanti per l'obesità! Cioè proprio contro l'industria alimentare!
Dopo neanche un mese dall'uscita di questo rapporto, JP Morgan pubblicò il suo report "Food Manufactoring - Obesity: the big issue", diretto ai dirigenti delle aziende produttrici del settore alimentare,  avvisandoli che, dato che ormai l'obesità era considerata come un'emergenza, presto ci sarebbero state normative più restrittive sulla vendita degli alimenti meno salutari, e perciò chi ricavava una maggior proporzione dei propri profitti dalla vendita di tali prodotti, era più a rischio! (Nell'ordine: Hershey, Cadbury, Coca-Cola, PepsiCo, Kraft, Kellogg, Wrigley, General Mills, HJ Heinz, Campbell, Unilever, Nestlé, Danone, Sara Lee, Procter&Gamble, Reckitt).
Il prof. Philip James, che ha anche contribuito al report WHO del 2003, racconta che a settembre dello stesso anno fu chiamato da JP Morgan per esporre la sua presentazione sull'obesità. A proposito del report JP Morgan, il prof. James dice che non era assolutamente interessato alla salute, ma solo alla percezione salutistica che i prodotti dovranno, d'ora in poi, avere per stare sul mercato. Cioè: un'opportunità di business può derivare anche dalla diffusa preoccupazione per l'obesità!

Kath Dalmeny, direttrice presso la Food Commission UK nel 2003, spiega che dopo il report JP Morgan ogni azienda produttrice ha dovuto scegliere se rendere i propri prodotti realmente più salutari, mediante un'effettiva riformulazione, oppure semplicemente cambiarne la confezione per migliorare la salubrità percepita dal consumatore.
Cadbury addirittura sponsorizzò una campagna insieme al governo UK (!) per distribuire attrezzatura ginnica alla scuole in base agli acquisti di propri prodotti, ma era necessario consumarne a quintali per avere una palla da basket! La Food Commission se ne accorse e fece pressioni per far ritirare questa campagna, che scomparve poco dopo. Dopo di ché la signora Dalmeny critica apertamente il fatto che le incombenti Olimpiadi di Londra 2012 siano sponsorizzate proprio da McDonald's, Coca-Cola, e... persino Cadbury!

Adesso Peretti rivolge la propria attenzione alle successive mosse politiche, sia al governo UK che addirittura al Parlamento Europeo; l'argomento è quello delle "etichette semaforiche" per il cibo confezionato.

Nel 2006, infatti, Richard Ayre dirigeva la neonata Food Standards Agency UK e ci racconta che stabilì, intervistando i consumatori, che il modo migliore per far sì che essi scegliessero di acquistare alimenti più salutari, erano le etichette semaforiche (rosso-arancio-verde su zuccheri-grassi-sale, ecc.), invece che le meno comprensibili GDA (le percentuali genericamente riferite a "linee guida nutrizionali"). L'industria reagì sostenendo che la FSA avrebbe messo un semaforo rosso sul burro, lo zucchero, ecc., mentre invece l'utilizzo era previsto solo per i prodotti lavorati, quelli con molti ingredienti! E senza un chiaro sistema di etichettatura, è ormai chiaro che i consumatori possono essere ingannati nello scegliere alimenti che sembrano salutari perché, ad esempio, hanno pochi grassi, ma magari contemporaneamente hanno la dose massima giornaliera di zucchero! I politici negli ultimi 20 anni hanno sempre malvisto l'imposizione di una normativa restrittiva, sono tutti tifosi del libero mercato, e quindi la FSA gli è sempre stata scomoda! La FSA è successivamente stata sollevata dalla responsabilità delle etichette alimentari!

Venendo ai giorni nostri, Peretti intervista Glenis Willmott, parlamentare europea, che testimonia il grande investimento in relazioni personali, stimato in 1 miliardo di dollari, che le aziende produttrici di cibo hanno compiuto per bloccare la normativa che avrebbe reso obbligatorie le etichette semaforiche su tutto il cibo venduto in Europa. Ad esempio, ai parlamentari italiani dicevano che avrebbero perso posti di lavoro in Italia una volta approvato questo sistema (ad esempio, la Nutella è già nel mirino da tempo e per vari motivi!). Le associazioni dei consumatori e per la salute erano pure rappresentate, ma in modo minuscolo rispetto ai giganti dell'industria alimentare! Naturalmente, ha vinto l'industria alimentare, e così l'etichettatura semaforica obbligatoria non è (ancora) legge in Europa!

Ma in UK sempre più produttori e distributori alimentari decidono autonomamente di applicare il sistema delle etichette semaforiche; Peretti intervista Judith Batchelar, direttrice di Sainsbury's, che è stata la prima catena di supermercati a decidere di applicare il nuovo sistema. La Batchelar spiega che, in effetti, la sua azienda ha accolto le etichette semaforiche mettendole alla base, ormai, di ogni processo aziendale. Questo porta a dover necessariamente arricchire l'offerta di prodotti: deve esserci un'alternativa con meno rossi e più verdi in ogni settore merceologico, in modo da "catturare" anche i consumatori più attenti; ad esempio sono i sandwich la categoria in cui si sono avuti i maggiori spostamenti di clientela, che va verso il prodotto più salutare. Ma c'è un limite alla riformulazione salutistica dei prodotti, quando la riduzione di grassi e zuccheri impatta troppo pesantemente il gusto. Comunque le vendite totali non sono calate con l'introduzione delle etichette semaforiche.

Torniamo finalmente alla scienza: lo scienziato Pierre Chandon ci illustra i principali risultati dei suoi esperimenti, che spiegano i meccanismi profondi che stanno alla base delle nostre scelte di acquisto. In un esperimento, i prodotti di 2 fast food, Subway e McDonald's, il primo dei quali è pubblicizzato e percepito come un negozio con scelte salutari, la gente ha sempre stimato che il prodotto Subway avesse meno calorie dell'altro mentre in realtà ne aveva il 50% in più, come poteva anche essere evidente dalle dimensioni! Questo è lo "Health Halo", cioè l'alone salutare che circonda gli alimenti, nella nostra percezione. In un altro esperimento, lo scienziato ha  inventato delle M&M's "dietetiche", dai colori pastello e con scritto "Light M&M's", scoprendo che le persone arrivavano a mangiarne fino al 50% in più, grazie al solo Health Halo! Ma a cosa è dovuto questo effetto? Lo scienziato ci spiega che lo Health Halo è perfettamente spiegabile dal punto di vista psicologico: per noi, il cibo può essere solo "buono" o "cattivo", in termini binari! Dunque, se un cibo è "buono" perché, ad esempio, ha pochi grassi ("Low Fat"), allora ha anche meno calorie, è più salutare e quindi ne possiamo mangiare di più! E l'industria alimentare lo sa bene!

Il programma si conclude mostrandoci ancora una volta a che livelli sia giunta la corruzione della politica ad opera dell'industria alimentare.
Peretti intervista il professor Simon Capewell, che racconta che nel 2010 il segretario UK alla salute Andrew Lansley lo invitò a partecipare ai lavori della commissione sulla salute pubblica, che però si riuniva presso gli uffici centrali di Unilever a Londra, era ugualmente partecipata da scienziati e rappresentanti dell'industria, ed era addirittura presieduta dal presidente di Unilever! Questo perché infatti Lansley, in palese conflitto di interesse perché dirigente di una società che fa consulenza all'industria alimentare, ha sempre asserito che per ottenere risultati contro l'obesità è più veloce lavorare con l'industria, piuttosto che imporre regolamenti sui prodotti. Alla commissione, il professore ha portato gli esempi di Scandinavia e Finlandia, in cui l'introduzione di normative restrittive sulla produzione di cibo ha avuto molti risultati nella riduzione dell'obesità. Riferisce che l'approccio è stato di ascolto senza alcuna interruzione né discussione, mentre invece si è molto discusso su tematiche relative alle confezioni e alle etichette, che hanno quindi avuto maggiore copertura nel report finale. In conclusione, il professore accusa la commissione di enorme conflitto di interesse, con una battuta: "Ammettere l'industria alimentare al tavolo in cui si discutono le politiche di intervento sull'obesità, è come far dirigere la Banca del Sangue a Dracula!". E così a marzo 2011 la politica governativa contro l'obesità fu pubblicata come "Accordo di responsabilità per la salute pubblica", in cui le industrie erano invitate a fare mosse volontarie per la riduzione del sale, la rimozione dei grassi trans, e la riduzione calorica complessiva dei prodotti, fissando un obiettivo di 5 miliardi di calorie in meno entro il 2020 per l'intero paese.

La parlamentare Valerie Vaz ci spiega che questo accordo non può essere efficace, perché è troppo poco specifico: 5 miliardi su tutta la popolazione è un obiettivo troppo vago, non essendo neppure chiari i criteri di verifica alla fine del periodo!

Infine, l'intervento peggiore: Peretti intervista Anne Milton, attuale ministro della salute UK, che a proposito dell'obesità, si dichiara subito non convinta dell'efficacia dell'introduzione di normative restrittive sull'industria alimentare, perché "l'obesità va affrontata come una responsabilità condivisa"; alla fine, però, tutta la responsabilità viene ribaltata sull'individuo, visto che "ognuno deve essere molto maturo e adulto"! E che "bisogna cambiare il comportamento della gente". Peretti la incalza facendole notare che stava rispondendo proprio come normalmente fa l'industria alimentare, e a quel punto la signora Milton conclude l'intervista con frasi vaghe e non specifiche, evitando del tutto di rispondere alle domande del giornalista!

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